Oggi vi parlo dei cavallini della Giara, ovvero i cavalli selvaggi che vivono in Sardegna nella zona della Marmilia, vicino al sito patrimonio Unesco di Barumini. Un incontro che ho fatto un paio di anni fa insieme alla mia blogger amica Roberta.

Quando pensavo ai cavalli selvaggi una volta mi venivano in mente solo le praterie degli Stati Uniti d’America e i film western, un genere che mi ha sempre appassionato, forse anche perché amo tanti i cavalli.
Da bambina piangevo quando vedevo i cowboy entrare in acqua con i cavalli, perché si bagnavano e mio padre per tranquillizzarmi mi diceva che i cavalli non si bagnano, perché hanno il pelo impermeabile come le foche.
I cavalli selvaggi però li troviamo anche in Italia e i cavallini della Giara sono addirittura tra gli ultimi cavalli selvaggi d’Europa.

Quell’anno, era l’estate del 2018, io Roberta eravamo andate in Sardegna per un progetto dell’Associazione Italiana Travel Blogger legato ai siti Unesco del Sud Italia e abbiamo deciso di fermarci qualche giorno in più sull’isola per ampliare la nostra esperienza di viaggio.
Certo, c’è da dire che quei giorni il meteo non è stato dalla nostra parte, però abbiamo approfittato di ogni momento possibile per vedere, visitare, fotografare e raccontare quello che si può fare nei dintorni di Barumini e non solo.
È stato così, che a bordo di una Panda presa a nolo, ci siamo spinte fino alla Giara di Gesturi per fare un breve trekking, ma soprattutto per avvistare i famosi cavallini della Giara.

Giara di Gesturi
La Giara di Gesturi è un altopiano, sui 550 m slsm, ma anche un SIC (sito di interesse comunitario) che dista una decina di chilometri da Barumini. Il territorio del Parco della Giara tocca quello di quattro comuni: Gesturi, Genoni, Tuili e Setzu.
Come arrivare alla Giara di Gesturi
Da Barumini si arriva molto facilmente, basta seguire la statale 197. Non è un percorso rettilineo, ma è impossibile perdersi.
L’idea iniziale era quella di fare questa escursione con l’ape calessino di Aldo, solo che, vista la pioggia abbondante del giorno precedente, non era il massimo per questo tipo di mezzo di trasporto e allora siamo andate in macchina. Visto che alla guida c’era Roberta io ho avuto modo di apprezzare particolarmente il paesaggio, un po’ selvaggio e per questo affascinante, che si apriva ai nostri occhi.
Cosa vedere alla Giara di Gesturi
Siamo partite di buon ora e quando siamo arrivate c’eravamo solo noi. La nostra Pandina nel grande parcheggio sembrava ancora più piccola!
D’altra parte non era la classica giornata perfetta per fare un’escursione, ma non avevamo altri giorni. Anche se devo dire che la nostra perseveranza ci ha premiato, abbiamo trovato una bella giornata, la pioggia è arrivata solo quando eravamo già, in macchina, sulla strada di ritorno.

La pioggia però non è necessariamente un elemento negativo, perché è proprio con la pioggia che si alimentano i cosiddetti paulis, cioè delle zone umide temporanee che si formano proprio grazie alle pioggia. In realtà, anche se si tratta di pozze temporanee, non nascono certo con la pioggia di una notte, ma con le piogge invernali per poi arrivare in alcuni casi anche all’estate.
A favorire il ristagno dell’acqua la presenza di uno strato argilloso, quindi impermeabile, che trattiene l’acqua piovana. Le piogge estive contribuiscono a mantenerle vive.
Ecco, è proprio attorno a questo habitat che troviamo piante e animali, non ultimi i famosi cavallini della Giara che si avvicinano all’acqua per abbeverarsi.

Sui sentieri della Giara
Appena arrivate siamo state accolte dal guardiaparco che ci ha mostrato la mappa e illustrato il percorso per arrivare nella zona dove, sicuramente, potevamo trovare i cavallini. Cavallini che sono una della caratteristica di questo ambiente.

Nonostante ciò, quando abbiamo iniziato a camminare lungo i sentieri del parco ci chiedevamo se e quando li avremmo trovati. I cavalli ci sono, e non sono neppure pochi, però vanno trovati.

In ogni caso, cavalli o non cavalli. il parco della Giara non ci ha delude con la sua vegetazione mediterranea. Leccio, roverelle, sughere, ginestre, corbezzoli, mirti, cisti e così via, ci ha accolto passo dopo passo. Non manca neppure l’elicriso, una pianta fossile antica forse quanto la storia geologica di questo territorio.
Tutto bello, ma noi siamo qui per i cavallini. La loro ricerca passa dalle prime tracce sul sentiero, dalle semplici orme lasciate dagli zoccoli nel fango a quelle organiche che denotano un paesaggio più recente.
Eppure, il tempo passava, ma di cavalli veri, con coda e criniera, non se ne vedono. Di tempo quel giorno non ne avevamo tantissimo, ci è venuto anche il dubbio che, forse, per avere più possibilità di incontrare i cavalli sarebbe stato meglio avere una bicicletta. Forse, ma noi eravamo a piedi e con il tempo limitato, era inutile fare congetture.
Eravamo quasi rassegnate a tornare indietro senza incontrare i cavallini. Poi le prime tracce e finalmente, in lontananza vediamo l’azzurro di una paulis.
I cavallini della Giara
Ecco, ancora non ce ne eravamo rese conto, ma eravamo vicine ai cavallini. Avvicinandoci silenziose alla pozza d’acqua, con il forte vento che soffiava dalla parte giusta, cioè che portava il nostro odore lontano dagli animali, eravamo quasi invisibili. Questo ci ha permesso di avvicinarci senza che loro percepissero la nostra presenza.
Dalle rive del laghetto, finalmente, siamo riuscite ad avvistare decine di cavallini che si abbeveravano tranquilli. Un’esperienza che, alla lontana, mi ha ricordato quando in Africa osservavo elefanti e ippopotami vicino alle pozze d’acqua. Osservare gli animali in natura è sempre una magia che si capisce solo vivendola. Il tempo limitato a disposizione sembrava, a questo punto, passare in secondo piano. Il tempo iniziò a dilatarsi e l’unica cosa che a in quel momento sembrava contare erano loro, i cavallini, da osservare e da fotografare.

Prima parlavo dell’idea dei cavalli liberi delle praterie americane, che cavalcano alti e fieri con la criniera al vento. In questo caso, forse lo avrete già capito visto che li chiamo cavallini, sono animali di statura piuttosto bassa: qualcosa come 1,20 m al garrese per un peso che va dai 150 ai 200 kg e con un’aspettativa di vita che è più o meno la metà di quella di un cavallo, diciamo, normale.
Ma come ci sono arrivati i cavallini in Sardegna? Non è molto sicuro. Quello che si sa con certezza è che sull’isola non siano stati trovati resti fossili di equini. Tutto questo fa pensare che non si tratti di una specie autoctona, almeno in origine. Tra le teorie possibili quella che vuole i cavallini arrivare in Sardegna portati dai fenici. Fatto sta che la loro presenza nel Medioevo era già molto importante. Sappiano che in quell’epoca i cavallini erano numerosi, con diverse mandrie che scorrazzavano nell’isola allo stato brado. Poi l’agricoltura da un lato si è impossessata dell’habitat dei cavallini e dall’altro, attraverso incroci mirati ad avere animali più grandi, ha portato ad un sensibile crollo del loro numero.
A salvare i cavallini dalla scomparsa è stata la politica di protezione della Sardegna che negli anni ‘70 del secolo scorso ha dato vita ad un programma di recupero e salvaguardia.
Alla fine, felici per il nostro incontro, abbiamo ripreso il sentiero che abbiamo percorso in senso inverso – giusto con qualche piccola variazione – per raggiungere di nuovo l’ingresso del parco.
Ogni tanto guardando tra i cespugli, incuriosite di poter incontrare altri animali (cinghiali, volpi, martore, ricci, conigli, lepri, gatti selvatici, martore) che vivono in questo ambiente, anche se non tutti esattamente pacifici, per poi volgere lo sguardo verso il cielo, anch’esso popolato da esemplari molto interessanti (falchi, poiane, pernici, picchio rosso maggiore, gruccioni, germani reali, cicogne e cavalieri d’Italia).
La nostra è stata un’esperienza abbastanza veloce e fai da te, per chi invece ha più tempo a disposizione è possibile partecipare ad escursioni guidate. Me ne ricorderò la prossima volta che tornerò da queste parti.