Quella alla Penisola di Lokaro, con la Baia omonima, è un’ottima idea per un’escursione in giornata da Fort Dauphin.

Per questa escursione ci siamo organizzati direttamente alla Riserva Naturale di Nahampoana che ci ha fornito un pacchetto completo: trasporto in pulmino fino al lago, barca, guida e pranzo sulla spiaggia a base di pesce. Con un piccolo supplemento abbiamo avuto un pranzo rinforzato con dell’aragosta fresca. Spesa complessiva della giornata circa 35 euro. Non male.
In barca verso la penisola di Lokaro
La penisola di Lokaro non è molto lontana da Fort Dauphin, dista una quindicina di chilometri e non tutti di strada. Il pulmino ci ha portato dalla Riserva di Nahampoana fino alle rive del lago lago di Lago Lanirano, dove siamo saliti in barca.

Perché il modo migliore, e anche più suggestivo, per raggiungere la Penisola e la Baia di Lokaro è attraversando il lago di Lago Lanirano e quello di Ambavarano – collegati tra loro un canale – a bordo di una barca a motore. Sarebbe possibile anche arrivarci in fuoristrada, ma il percorso in questo modo si fa molto più lungo, circa 40 Km e un paio d’ore di strada. Di ore di strada, tra pulmino e fuoristrada, nel nostro viaggio in Madagascar ne avremmo fatta fin troppo, decisamente molto meglio la barca.

La navigazione è anche molto piacevole, dura circa un’ora e attraversa una vegetazione molto rigogliosa ricca di piante acquatiche tra le quali spiccano le cosiddette orecchie di elefante ed uccelli acquatici, non ultime delle garzette bianche. In acqua, pare, si nascondano anche dei coccodrilli, però qui non ne abbiamo visti.

Incontri lungo la navigazione
Un percorso fatto anche di incontri, come i piccoli villaggi che si scorgono sulla riva o le piroghe che si incrociano durante la navigazione.

Passata la chiusa si va verso il mare
Nella parte finale della navigazione vi troverete ad attraversare una chiusa, che separa – e al tempo stesso unisce – il lago dal mare. Ecco perché il lago di Ambavarano ha l’acqua un po’ salmastra.

La chiusa che è azionata a mano, anzi a forza di braccia e visto che non bastano le braccia, anche con altre parti del corpo. Non stupitevi dunque vedrete qualcuno scendere dalla barca per aiutare ad aprire la chiusa.

L’operazione è abbastanza veloce, ma solo se siete i primi a passare. Al ritorno infatti prima di noi c’era una piroga, anche per questa piccola imbarcazione la procedura è la stessa e così abbiamo dovuto attendere il nostro turno, mentre il sole pian piano si avviava a tramontare. Non è stato per quello, eravamo partito un po’ in ritardo, ma il risultato è stato che abbiamo fatto il viaggio di ritorno per gran parte al buio.

Suggestivo, soprattutto il tramonto che dà una colorazione quasi irreale al paesaggio, ma anche un po’ inquietante passare tra la vegetazione, completamente al buio, incrociando di tanto in tanto altre imbarcazioni. Utile sapere che ci si bagna un po’ quindi un Kway o comunque qualcosa i impermeabile può far comodo. Durante la navigazione di ritorno invece, dopo il calar del sole fa un po’ freddo, quindi non dimenticate di portare con voi anche un pile.

Arrivo alla baia di Lokaro
Ma sto correndo un po’ troppo, ancora non siamo arrivati alla Baia di Lokaro che già vi sto facendo tornare indietro.
Dopo poco si arriva a terra all’altezza di un piccolo villaggio di pescatori. Ad accoglierci i bambini del villaggio di Evatra, pronti con il rito di fare festa all’arrivo dei turisti, nella speranza di rimediare caramelle e soldi. I saluti e le piccole grida di benvenuto iniziano mentre ci avviciniamo alla riva.

Una ragazzina in viaggio con i genitori, che era nella nostra stessa barca, si prepara allo sbarco tirando fuori dallo zaino le sue buste di caramelle, parte della scorta che ha portato dall’Italia per queste occasioni. Personalmente io sono contraria a fare questo tipo di regali a frotte di bambini. Lo tropo poco etico e poco educativo.

Appena inizia la distribuzione è stata letteralmente assalita dai bambini, al punto che un tizio del villaggio è arrivato con un bastone per mandarli via. Davvero una scena penosa.

Il villaggio di Evatra
Il villaggio di Evatra è piccolo, fatto di semplici capanne di legno e popolato di tantissimi bambini a volte impegnati nei giochi di strada, in altre in piccoli lavori. Una cosa che colpisce attraversando il villaggio è la quasi assenza degli anziani.

Qualcuno sta sulla porta della capanna, ma tutta la gente è più o meno impegnata in qualcosa di operoso, come le donne e i bambini che lavano i panni a mano – tutte insieme – nell’acqua di un fosso. I panni poi vengono appesi ad asciugare sulle canne di recinzione.

Dopo aver attraversato il villaggio, proseguiamo per imboccare il sentiero che conduce alla baia di Lokaro, dove avremmo trascorso la giornata. Non è lontano, tra il villaggio e la spiaggia ci separa una camminata di circa 30-40 minuiti, camminata che abbiamo fatto ovviamente con un codazzo di bambini al seguito. Ci hanno lasciato solo quando siamo arrivati alla baia.

Ora non fate l’errore di dire “tanto andiamo al mare, vanno bene le infradito” e non fidatevi neppure di quello che può dire un malgascio, il percorso loro fanno a piedi nudi, quindi non fanno testo. Datemi retta, indossate delle scarpe adeguate. Quindi o scarpe da trekking o sandali da escursione con carrarmato. Entrambe le passeggiate sono facili, ma è facile scivolare

Per noi quella era la prima giornata di mare. Il mese di agosto Madagascar è inverno, ma le temperature sono perfette perché non fa né troppo freddo né troppo caldo.
Il primo bagno del viaggio
L’acqua del mare però qui a sud era decisamente freddina. Poteva un temperatura non troppo ottimale dell’acqua fermarci? Certo che no. Un po’ di esitazione c’è stata.

Poi un piccolo passo dopo l’altro e qualche momento di acclimatamento fino a raggiungere il punto critico, quello dell’incontro tra l’acqua e l’ombellico. A quel punto le scelte erano due: o ci si tuffa o si esce. Nessun dubbio, si va avanti. Indossata la maschera ormai chi mi fermava più? Un bel tuffo e via al primo snorkeling malgascio. Solo una cosa poteva farmi uscire dall’acqua: il pranzo. Sulla spiaggia ci sono alcune capanne di pescatori organizzate proprio per accogliere i turisti con quello che chiamano pic nic sulla spiaggia, in realtà si tratta di un vero pranzo seduti a tavola.

La giornata era particolarmente ventosa, così dopo pranzo invece che tornare sulla spiaggia abbiamo fatto un giro per visitare i dintorni. Ho parlato di Baia di Lokaro, ma in realtà è un insieme di piccole baie che si susseguono lungo la costa. Con il vento di quel giorno a dare spettacolo sono state le onde che si infrangevano sugli scogli

Sulla via del ritorno
Alla fine è arrivato anche il momento di lasciare la Baia di Lokaro e prendere la via del ritorno. Per non fare la stessa strada e per avere una visuale diversa del paesaggio, scegliamo di fare un sentiero più lungo, ma anche molto più panoramico. La guida l’ha chiamata la strada della montagna, ma più che altro si tratta di collina, il dislivello non è molto, ma il panorama ripaga ampiamente di quel po’ di fatica in più che richiede.

L’occhio si perde nell’azzurro del mare con vista su isolotti rocciosi che emergono dall’acqua e soprattutto vediamo da una prospettiva privilegiata la sottile striscia di sabbia bianca che separa il mare dal lago.

La strada porta sempre al villaggio, dove ci aspettava la barca per riportarci indietro. Prima di salire a bordo però abbiamo fatto una breve sosta per una pausa bagno e per un cocco fresco. A me non piace, preferisco quello secco, e mi sono limitata a bere il latte.
Finisce così la nostra giornata nell’incantevole Baia di Lokaro, nella penisola omonima, un’escursione che – se capitate da queste parti – vi consiglio.