In a Cape Town e più in generale in Sudafrica il termine township riporta alla triste pagina dell’apartheid. Erano, e sono ancora oggi, localizzate ai margini delle aree urbane ed erano destinate alla popolazione non bianca. In particolare i neri e gli indiani. Erano gli anni ’50 e il governo del Sudafrica dichiarò le città come “zone bianche”.

Questo significava che alla popolazione nera era proibito vivere nelle città. Potevano lavorarci, ma non abitarci. Furono così costretti ad allontanarsi Fu così che nacquero degli agglomerati. La popolazione non bianca di Cape Town si trasferì in un’area pianeggiante verso sud est chiamata Cape Flat, in quel periodo praticamente disabitata. Fu qui che nacque la township di Khayelitsha, un agglomerato di abitazioni “informali“.
Con la fine dell’apartheid cade anche il divieto di risiedere in città, ma da allora molti continuano a vivere nelle township, La più grande e famosa è quella di Soweto a Johannesburg.

La terza per ordine di grandezza è quella di Khayelitsha dove vivono circa un milione di abitanti, al 90% neri e per il 10% musulmani.
Ecco, una una delle cose da fare a Cape Town è proprio una visita a Khayelitsha. Un modo anche per conoscere come – ancora oggi- vive, al di là degli stereotipi, una parte della popolazione. In città ci sono diverse agenzie che organizzano un tour guidato a Khayelitsha, una delle township di Cape Town
Le township di Cape Town
Visita a Khayelitsha

Per questo tipo di escursione ci siamo affidati ad un’agenzia. La ci sono venuti a prendere in albergo con due pulmini per il giro delle Township. Il giro è stato molto interessante anche per quelle ragazze che avevano espresso un po’ di riserve. Sicuramente è un giro molto turistico, ma questo è l’unico modo per fare un tour in questa realtà. Non che sia proibito entrare autonomamente, ma si finirebbe con il vagare senza una cognizione precisa di quello che si sta vedendo.

Il nostro giro ci ha portato anche in un asilo. I bambini ci hanno accolto con gioia, anche se forse sono abituati a visite di questo tipo, e si sono esibiti per noi in canzoncine.

Io ho provato a interagire con loro, provare ad insegnargli una facile canzone italiana, ma è stato impossibile entrare in quello che sembrava il loro copione.
Dormire in una township
Tra i modi per visitare in modo autentico Khayelitsha c’è anche quello di risiedervi.

Una scommessa imprenditoriale che ha fatto Vicky, una donna che vive a Khayelitsha e che qui ha voluto creare un B&B. Non uno qualunque, ma il più celebre del Sudafrica.

Ha una sola stanza matrimoniale, ma offre l’esperienza molto particolare di alloggiare in una township. Ha una sola stanza e quindi è spesso “al completo”. Anche se la scelta di dormire in una baracca in questo caso non è certo economica. Con la stessa cifra, e forse anche meno, infatti si può trovare un alloggio tradizionale.
Quello che mi ha colpito di questa visita è stata la pulizia estrema di queste townships. Niente sporcizia, niente cattivo odore, solo tanta dignità in una vita tra le lamiere. Sicuramente molto diverso da quello che si può vedere in molte situazioni romane, dove, in alcuni campi, le baracche sono nel degrado più totale e dove esseri umani, animali e sporcizia vivono l’uno accanto all’altro.
Un viaggio nella storia
Non importa se avete studiato a scuola sui libri il periodo dell’Apartheid. Questo tipo di tour guidato serve proprio a capire e non dimenticare quelle che sono state le tormentate fasi storiche del Sudafrica. Un tour che fa comprendere non solo l’Apartheid, ma anche quello che è avvenuto prima e dopo questo periodo. Per completare il tour sarebbe stato necessario fare anche un giro nel carcere di Robben Island, dove fu rinchiuso per 18 anni Nelson Mandela, ma non è stato possibile. Le visite sono a numero chiuso ed erano prenotate tutte già da tempo.

Il tour ha avuto inizio con una visita al District Six che nel 1966 fu dichiarato “territorio bianco” .
Questo un tempo è stato un quartiere di Cape Town nel quale vivevano persone di diversa nazionalità, tra loro schiavi liberati, marinai, mercanti, artigiani, operai e immigranti. Un posto molto popolato ed un vivace entro di vita e di cultura di Cape Town. Tutto cambiò quando fu approvato il “Group Areas Act” che proibiva la convivenza tra etnie diverse. Fu allora che il governo decise che il District Six dovesse essere un “territorio bianco”. Per fare questo decine di migliaia di persone furono deportate verso le zone più marginali della città, le cosiddette Cape Flats e le abitazioni del District Six furono abbattute.
Con la fine dell’apartheid nel 1994 e le rimostranze degli ex residsenti, il governo sudafricano si impegnò nella ricostruzione. Oggi non solo al accolse i reclami degli ex-residenti del distretto, impegnandosi a sostenerne la ricostruzione che avvenne, solo al District Six sono in parte tornate le abitazioni, ma è nato anche un museo per non dimenticare.
Serata al waterfront
Dopo pranzo volevamo salire a Table Mountain, ma era tutto coperto, così ci siamo spostati verso il waterfront dove alla fine abbiamo deciso anche di cenare nonostante i prezzi.

Il locale che ho scovato era carino e stranamente a buon mercato. Tutto spiegato a fine cena. Abbiamo avuto un servizio pessimo e piatti microscopici.
Il waterfront è probabilmente il luogo più turistico di Cape Town, tanti negozi, ristoranti e poche cose che meritino interesse, a parte il museo di Robben Island, con il quale abbiamo completato la visita alle township di Cape Town e a questo spaccato di storia del Sudafrica
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