Nel cuore del Monte Amiata batteva un cuore di mercurio
Il Monte Amiata, che poi è un vulcano, con i suoi 1734 metri si impone sul paesaggio della Val d’Orcia, della Valdichiana e segna il confine tra le province di Siena e di Grosseto.
Non so voi, ma quando io penso all’Amiata la mente si riempie di ricordi, le discese con gli sci lungo le piste innevate, una zuppa di funghi e i tanti sapori dell’Amiata, i boschi, la croce sulla vetta, le risate degli amici e un bel boccale di birra.
E quando un luogo suscita ricordi ed emozioni è sempre un piacere ritornarvi. Ecco perché ho accettato senza pensarci due volte l’invito al blog tour #amiataTerreDiSiena… si, va bene, anche perché io in Terre di Siena torno sempre molto volentieri, ma negli ultimi anni era sempre mancata l’occasione di tornare sul Monte Amiata.
Il piccolo minatore
Tutto potevo pensare, tranne che questa sarebbe stato in grado di regalarmi un’emozione ancora più forte, l’incontro con Paolo Contorni, un uomo che ha vissuto 36 anni nel cuore di questa montagna, lavorando nella miniera di mercurio, ormai dismessa, di Abbadia San Salvatore.
Anche se ha ormai superato gli 80 anni, tutti ancora lo conoscono come il piccolo minatore, già perché Paolo in questa miniera è entrato all’età di 13 anni. E’ arrivato accompagnato dal padre che lo ha affidato ad un minatore più anziano, poi insieme sono scesi in profondità ed è qui che quel lontano giorno ha ricevuto il “battesimo del minatore”.
Prima di lui suo padre e prima ancora suo nonno, che in miniera ha lasciato la vita. Quando passate da queste parti fermatevi a fare una visita al museo della miniera, avere una guida come questa che vi racconta la vista dei minatori non ha prezzo. Perché narrandone la storia, l’emozione si rinnova in lui ogni giorno, per essere trasmessa ai visitatori.
Non si può capire che cosa significhi la vita in miniera se non attraverso il racconto diretto, narrato da qualcuno che ci ha lavorato 36 anni, conoscendo la fatica e la paura. La paura del buio e del silenzio assoluti e quella di non rivedere la luce quando un incidente bloccava i minatori nelle viscere della terra.
Non serve essere esperti, in queste situazioni la paura di non farcela c’è, ma prevale la consapevolezza di essere l’unica persona in grado di infondere coraggio ai nuovi. Un’esperienza che Paolo ha fatto tre volte, una addirittura che lo ha visto bloccato per 24 giorni in galleria.
Vita in miniera
Quella di Abbadia era una delle più importanti miniere d’Europa, per tre generazioni ha garantito l’economia del paese, senza contare l’indotto.
Quando negli anni ’70 ne fu decisa la chiusura, la popolazione ha tentato ad opporsi, ma inutilmente: scavare per estrarre mercurio non era più conveniente.
Quella doveva essere la fine per la miniera di Abbadia San Salvatore, ma per preservarne la storia è stato realizzato questo museo. Nelle varie sale scopriamo gli strumenti utilizzati per l’estrazione, come veniva utilizzato il mercurio e come dal cinabro si rivavi il mercurio passando per il processo di sublimazione.
Tra le scoperte fatte in questo museo forse la più sorprendente è stata quella constatare il reale peso del mercurio: altro che pesante come il piombo… si dovrebbe dire pesante come il mercurio!
Nelle viscere del Monte Amiata
E visto che di miniera si tratta, la visita non poteva che concludersi in una gallerie dove, grazie a dei manichini, sono stati ricostruiti alcuni momenti di lavoro dei minatori per capire come questo sia cambiato nel corso di quasi un secolo.
A fine ‘800 non esisteva una divisa e neppure norme anti-infortunistiche.
I minatori andavano a lavorare con gli abiti di casa, poi sono arrivati i primi elmetti, le scarpe rinforzate e finalmente la luce a batteria posta sul casco.
Poi, prima di uscire, anche noi abbiamo provato per pochi minuti la sensazione del buio e del silenzio. Un’emozione forte, ma niente a che vedere con quella che tre generazioni di minatori hanno provato quotidianamente qui sotto.