Era il primo giugno del 2001, quando, nel palazzo reale di Kathmandu, si consumò un misterioso delitto sul quale ancora oggi rimangono molte ombre, più che un delitto a dire il vero bisogna parlare di una vera propria strage che colpì la famiglia reale del Nepal.
Quel giorno a casere sotto numerosi i colpi di arma da fuoco furono dieci membri della famiglia reale nepalese. Tra loro anche il re Birenda e la regina Aishanara.
A sparare, secondo la versione ufficiale, sarebbe stato il principe ereditario Dipendra (nella foto è quello indicato con un cerchio), che dopo aver compiuto la strage reale rivolse l’arma contro se stesso.
Il giovane principe non morì subito, ma cadde in coma e, nonostante ciò, fu proclamato Re per due giorni.
Ma cosa avrebbe poteva aver spinto il giovane principe ad un gesto simile? Si dice che Dipendra abbia agito per amore. La sua sarebbe stata la ribellione di un figlio al quale i genitori avevano vietato di sposare la donna amata, la giovane Devyeri, sotto la minaccia di passare la corona al fratello minore Nirayan.
La versione ufficiale del Palazzo, subito dopo la strage, puntava il dito contro il principe innamorato, ma tra il popolo serpeggiava un’altra versione, quella di una cospirazione e che a organizzare il delitto sarebbe stato il nuovo re del Nepal Gyanendra, quindi molto diverso dalla versione che vede semplicemente la famiglia reale opporsi alle nozze.
Quella sera però Gyanendra era in un’altra città, insomma, aveva un alibi di ferro. La verità forse non si saprà mai, ma l’episodio colpì profondamente il popolo nepalese che ha osservato tredici giorni di lutto nazionale, durante i quali hanno pianto e pregato per i sovrani massacrati. Un lutto sincero, perché i nepalesi amavano molto il loro vecchio re, quasi quanto non sopportino Gyanendra.