Una delle tappe da non perdere in un viaggio in Madagascar sono i Grandi Tsingy de Bemaraha, soprattutto se siete appassionati di trekking.

Non fatevi spaventare da quello che si legge nelle guide, anche il trekking più impegnativo è tutt’altro che impossibile. Non date neppure retta a chi vi dice che servono assolutamente i guanti, altrimenti vi taglierete con le rocce. Io l’ho fatto a mani nude e sono tornata senza neppure un graffio.
Punto di partenza per un trekking ai Grandi Tsingy de Bemaraha è Bekopaka, un posto che vi sembrerà un po’ fuori dal mondo e forse lo è veramente, ma questo ne accresce il fascino. ‘
Come arrivare agli Tsingy de Bemaraha
Viaggiare in Madagascar non è sempre molto semplice e il viaggio verso le Tsingy non è da meno. Spesso ne Pese le distanze sono molto lunghe e le strade piuttosto dissestate. Nel viaggio verso gli Tsingy de Bemaraha oltre a questo aspetto vanno messi in conto dei fiumi da superare.

No, non ci sono ponti, i fiume vanno attraversati a bordo di una chiatta. Anzi a dire il vero durante il viaggio verso Bekopaka abbiamo affrontato anche una navigazione di circa un’ora su di una chiatta a motore lungo il fiume Tsiribihina, dove si sale con tutte le jeep.
In Madagascar i tempi di percorrenza non possono che essere solo stimati. Da Morondava a Bekopaka sono poco più di duecento chilometri, ma il viaggio dura almeno 8-9 ore. Non è mai possibile essere precisi perché le variabili durante il percorso sono tante.
Imprevisti sulle strade verso le Bekopaka
Nel mio caso le variabili sono state due. La prima gli autisti che sono arrivati con un’ora di ritardo e la seconda talmente assurda che non potevo crederci neppure io: abbiamo perso il serbatoio. Si, avete letto bene! Non proprio perso del tutto, però si era sganciato ed era fuoriuscito carburante.

Eravamo da poco partiti da Morondava quando ci siamo accorti che una delle auto stavamo perdendo carburante, una lunga scia bagnata ci seguiva. Il serbatoio si era parzialmente staccato e stavamo seminando gasolio.
Fortunatamente il nostro autista se n’è accorto abbastanza presto. Gli autisti malgasci sono dei meccanici ambulanti e sulle jeep hanno tutto il necessario per affrontare le emergenze. Nel giro di poco tempo, aiutato dall’autista della seconda auto, è riuscito a riagganciare il serbatoio e riprendere il viaggio.

Come dice il proverbio? Ah sì, non c’è due senza tre. Ecco, il tre nel mio caso era la prenotazione dell’albergo che per un disguido non c’era più. Questo è stato un problema che ci ha accompagnato durante tutto il viaggio, nonostante una telefonata dopo l’altra, non eravamo riusciti a trovare nulla. Con un po’ di fortuna avremmo cercato sul posto.
Non serve spiegare che a Bekopaka siamo arrivati tardi. Tardi per fare, come previsto, sia il breve trekking ai piccoli Tsingy che comprare i biglietti per il parco, necessari per il trekking della mattina seguente ai grandi Tsingy. E poi avevamo sempre da risolvere il problema del pernottamento.

La faccio breve, tutti gli alberghi di Bekopaka erano al completo, però siamo riusciti a trovare posto in campeggio. Il campeggio non sarebbe male, il problema è che i pasti sono molto cari e non ci sono molte alternative, intorno c’è solo il fiume Manambalo.
Le notti in campeggio sono state piuttosto movimentate perché nel bungalow si sentiva grattare tutta la notte, chi era non lo abbiamo mai saputo. Noi abbiamo fatto finta di credere che fosse uno dei lemuri notturni che vivono sugli alberi, ma poteva essere qualunque cosa, anche un topo.

I Grandi Tsingy, il trekking più bello della mia vita
Il campeggio è prima del fiume. La mattina al nostro risveglio scopriamo che i nostri autisti, per risparmiare sui tempi, avevano già traghettato le auto. Così a sorpresa ci siamo trovati a bordo di piroghe, dall’aria molto poco affidabile, che ci hanno portato sull’altro lato del fiume.
In Madagascar le entrate dei parchi sono tutte a pagamento e poi c’è l’obbligo di prendere la guida. Scegliamo di pagare per 3 guide, anziché 2, perché alcune ragazze del gruppo avevano delle difficoltà nei trekking e temevamo ci potessero rallentare, anche perché anche loro hanno scelto di fare il percorso più bello, ma anche più impegnativo, che prevede anche dei tratti di ferrata e un ponte tibetano.

Cosa fare prima del trekking
Prima di iniziare il trekking ai Grandi Tsingy è necessario andare agli uffici del parco e pagare la tassa locale e le guide. È consigliabile arrivare prima possibile, perché più si tarda e più si aspetta. Senza contare che – nei giorni di particolare affluenza – c’è anche il rischio di rimanere senza guida, quindi non poter accedere.
Alle 6,30 eravamo già in fila in attesa dell’apertura e c’era già gente prima di noi.
Comunque ce la siamo sbrigata abbastanza velocemente, anche perché i biglietti giornalieri di accesso, alla fine, eravamo riusciti a comprarli la sera prima tramite il campeggio.

Una volta pagate tassa e guide con le Jeep siamo andati a prendere l’attrezzatura per la ferrata, da qui ci separavano 17 Km dal punto di partenza del trekking che con le strade del Madagascar significa circa un’ora di viaggio.
Un trekking impegnativo, ma fattibile
Abbiamo fatto tutti l’escursione classica di 4 ore, decisamente impegnativa, ma fattibile per tutti, forse sconsigliata solo a chi soffre di claustrofobia o vertigini.
Cosa sono gli Tsingy de Bemaraha
Gli Tsingy sono delle formazioni rocciose che si estendono sull’altopiano di Bemaraha e coprono una superficie di oltre 15000 ettari, una delle tappe più belle del viaggio in Madagascar. Sono un sito Patrimonio Unesco dal 1990. Un paesaggio straordinario dominato soprattutto dalla roccia calcarea che qui ha l’aspetto di un susseguirsi di guglie aguzze. Il frutto di una lunga opera di erosione esercitata dal vento e dall’acqua.

Vi basti sapere che in Madagascar la parola Tsingy significa “punte” o “aghi” e se non fosse abbastanza chiara la situazione, de bemaraha significa “molto affilati”. Penso di aver reso abbastanza l’idea. Altrimenti ci sono le foto, ma non rendono pienamente al meglio la realtà.
Una riserva naturale con flora e fauna
Questa però è anche una riserva naturale dove flora e fauna hanno il loro ruolo importante. Nella riserva sono presenti 430 specie botaniche, di cui l’85% endemiche, 19 specie di anfibi, 60 di rettili e numerosi mammiferi, tra cui 11 specie di lemuri, per non parlare poi dell’avifauna altrettanto ricca. Si, tutto molto interessante, ma noi eravamo qui per camminare in questo mondo fatto di rocce.
Camminando tra pinnacoli che svettano verso il cielo
Il percorso ha un primo tratto facile di foresta dove avvistiamo numerosi lemuri, un camaleonte e alcuni uccelli. Finita la foresta inizia la parte più impegnativa – ma anche più affascinante- del percorso.

Ci troviamo a camminare tra pinnacoli calcarei, grotte, vie ferrate. Ci si arrampica sulle rocce (una meraviglia per una climber come me) e si passa attraverso talvolta passaggi strettissimi. Un percorso sicuramente abbastanza impegnativo, anche se tutto è facilitato dalla presenza di con gradini di roccia, delle scalette sospese e dei tratti di ferrata. Insomma, anche se a volte il percorso è piuttosto esposto, utilizzando l’attrezzatura da ferrata si è sempre in sicurezza.
Bisogna solo fare un po’ attenzione alle rocce taglienti, ma – come vi dicevo prima – i guanti per me sono superflui. Importante invece avere con sé una lampada frontale perché il percorso ad un certo punto attraversa una grotta.

La guida che ci ha accompagnato si chiama Simon, non solo parla molto bene l’italiano, ma è anche simpatico. Ve lo dico perché magari può essere utile, tanto una guida la dovete comunque prendere.
Dai Grandi ai Piccoli Tsingy
Il trekking ai Grandi Tsingy è faticoso, una volto terminato tutto avrei voluto fare tranne che continuare a camminare, però quando ci ricapito in Madagascar?

E così ci siamo fatti forza e abbiamo fatto anche un giro anche alle Piccole Tsingy, recuperando così quello che non avevamo fatto il giorno precedente. Il che sarebbe stato meglio, dopo aver visto i Grandi Tsingy, inevitabilmente, le piccole si apprezzano meno. Un po’ come con Petra che andrebbe visitata dopo Piccola Petra, perché il Grande indebolisce la bellezza del Piccolo. Però in questo caso non avevamo molta scelta, la nostra tabella di marcia non ce lo ha consentito.
In questo caso avendo scelto partire presto avevamo sì il tempo per fare entrambe, ma iniziare dalle Piccole non sarebbe stata la scelta migliore.

I Piccoli Tsingy sono a quota più bassa e la roccia è meno dominante, tutto è più in piccolo, tranne la vegetazione che, anche per via della quota, qui è più presente. A differenza dei Grandi Tsingy questo è un percorso veramente per tutti
Il vantaggio di fare tutto in un giorno è quello che almeno abbiamo risparmiato sul costo dei biglietti e delle guide, pagati per una giornata e non per due.
Quando visitare il parco degli Tsingy de Bemaraha
Tra le cose da spere quando si viole organizzare un viaggio in Madagascar, la prima cosa da sapere è quando partire, anche perché ci sono delle caratteristiche climatiche molto importanti da temere presente.,

Dovete sapere che in Madagascar la nostra estate corrisponde alla stagione secca e che quando arrivano le piogge la zona degli Tsingy diventa totalmente impraticabile. L’accesso stagionale va da metà aprile a metà novembre, ma la strada da Morondava – percorribile solo con auto 4×4 – è praticabile solo a partire da maggio e fino a novembre. Quindi se avete in mente un viaggio in Madagascar in inverno escludete gli Tsingy e puntate su Nosy Be, anche se comunque sarebbe meglio in estate, ma questo è un altro viaggio, magari da fare in catamarano.
Per maggiori informazioni vi mando al sito del parco Nazionale de Bemaraha dove trovate anche i dettagli dei vari itinerari possibili e i prezzi aggiornati.