“Petra è il più bel luogo della terra. Non per le sue rovine […], ma per i colori delle sue rocce, tutte rosse e nere con strisce verdi e azzurre, quasi dei piccoli corrugamenti, […] e per le forme delle sue pietre e guglie, e per la sua fantastica gola, in cui scorre l’acqua sorgiva e che […] è larga appena quanto basta per far passare un cammello […].
Ne ho letto una serie infinita di descrizioni, ma queste non riescono assolutamente a darne un’idea […] e sono sicuro che nemmeno io sono capace di farlo.
Quindi tu non saprai mai che cosa sia Petra in realtà, a meno che non ci venga di persona”. [Thomas Edward Lawrence, alias Lawrence d’Arabia]
Una delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno
Nel 2007 Petra è stata inserita nell’elenco delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno, nel 1985 fu invece dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.
Petra, la città rosa dei nabatei per anni è stata dimenticata, la sua esistenza legata solo alla leggenda grazie anche alla conformazione del sito che l’ha tenuta celata gli occhi del mondo.
Da città perduta a città ritrovata
E’ solo grazie ad un esploratore svizzero, Johann Ludwig Burckardt, se Petra è tornata ad essere patrimonio di tutti noi.
Era in viaggio in queste terre quando sentì parlare di un’antica città stretta fra montagne impenetrabili.
Per un esploratore questa era una sfida che poteva solo essere accettata e così decise che l’avrebbe trovata.
Grazie al fatto che conosceva la lingua, ad un nome arabo, quello di Sheik Ibrahim e ad un travestimento, si spacciò per un commerciante musulmano. Questo non bastava, ci voleva anche un pretesto… trovò anche quello.
Disse che aveva fatto voto ad Allah di sacrificare una capra presso la tomba al profeta Aronne, che si troverebbe, secondo la tradizione, sulla cima di una collina sovrastante la città.
Fu aiutato da due indigeni che lo guidarono lungo il siq. Burckhardt si trovò così a tu per tu con il più spettacolare monumento della città: il Khazneh, la Casa del Tesoro. Riuscì in questo modo a visitare la città perduta, poi sacrificò la capra e lasciò Petra.
I diari in cui racconta della scoperta di Petra divennero pubblici solo nel 1822, cinque anni dopo la sua morte, suscitando grande clamore.
Dalla scoperta della città al suo successo mondiale
Le prime missioni archeologiche cominciarono a partire dal 1828 e continuano ancora oggi. Da allora Petra divenne meta di viaggiatori da tutto il mondo e pian piano i beduini che tra queste aperture avevano la propria dimora furono costretti a trasferirsi altrove.
Petra non apparteneva più a loro, ma al mondo.
Petra però rappresenta per i beduini ancora oggi una grande fonte di guadagno, la maggior parte di loro non vive più qui, ma è qui che hanno i banchetti per vendere ai turisti monili, ma anche semplici pezzi di arenaria colorata, un’attività spesso affidata ai bambini. Per loro niente scuola, sono più utili qui a lavorare, perché i loro visini, a volte un po’ mocciolosi, inteneriscono il cuore dei turisti e rendono i cordoni della borsa più elastici.
In epoca antica Petra si trovava al centro della Via dell’Incenso, lungo un percorso carovaniero che partiva dalla penisola arabica e raggiungeva Gaza e Damasco, portando prodotti di lusso, come sete e spezie. Questo, in aggiunta ad una grande disponibilità d’acqua e la sua fortificazione naturale furono la sua fortuna. Petra visse anche un periodo romano e bizantino, che lasciarono tracce visibili ancora oggi.
Petra e il cinema
Petra è anche la straordinaria location di Indiana Jones e l’ultima crociata, film che ha contribuito a rilanciare ancora di più, anche se non ne aveva bisogno, il fascino di Petra.
Noi oggi quando percorriamo il siq abbiamo quasi l’impressione di sentire le note della celebra colonna sonora (a volte non è immaginazione, ma sono le guide locali che accompagnano l’apparizione del Tesoro con questa musica) ma proviamo ad immaginare l’emozione provata da Burckardt quando dopo l’ultima strettoia di roccia ha visto davanti a sé lo spettacolo del Tesoro.
Altro film girato a Petra è stato Mission to Mars di Brian de Palma, la cui roccia rossa era perfetta per rappresentare il suolo marziano.