La primavera è il periodo migliore fare un trekking nella campagna di Cerveteri, un itinerario fatto di archeologia, prati fioriti, boschi, corsi d’acqua, cascate e cascatelle.

Una prova di come il territorio di Cerveteri sia davvero interessante ed offra al visitatore molto da vedere, oltre alla celeberrima Necropoli della Banditaccia.
Cosa vedere a Cerveteri
Iniziamo col dire che la Città di Cerveteri è facilmente raggiungibile da Roma – da cui dista circa 40 Km – grazie all’autostrada per Civitavecchia. Una volta superato il casello si entra nel territorio della Tuscia, tra quella romana e quella viterbese.

Una zona che sorprende il visitatore perché offre davvero tanto: il mare, l’antica città di Cerveteri era servita da tre porti: Pyrgi, l’attuale Santa Severa, Alsium, l’attuale Palo Laziale e Punicum, oggi Santa Marinella, dove oggi troviamo alcune delle spiagge più belle del Lazio, testimonianze antiche, prime fra tutti quelle degli Etruschi, pareti tufacce e ancora paesaggi segnati da corsi d’acqua e una vegetazione che in ogni stagione si rinnova nei colori.
Trekking a anello delle cascate di Cerveteri

Chi lo ha detto che per vedere le cascate bisogna andare in montagna, un esempio è questo trekking a Cerveteri, a poca distanza dal mare. In uno scenario naturale Cerveteri offre la possibilità di fare un trekking con protagoniste proprio le cascate. Si tratta di un percorso ad anello, di difficoltà E (Escursionistico) con un dislivello di circa 200 metri, lungo circa 13 Km da percorrere in almeno 7-8 ore, soste comprese. Insomma da se ci dedicate l’intera giornata non sbagliate!
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Un Itinerario tra archeologia e natura
Il percorso inizia dal parcheggio della Necropoli della Banditaccia, oggi Patrimonio Unesco. Lasciandosi alla destra il cancello di ingresso, ci si avvia lungo la via degli Inferi, caratterizzata dalla presenza di numerose tombe etrusche. La necropoli, infatti, è enorme e va ben oltre i confini dell’area recintata.

Il trekking è stato organizzato dal DMO Etruskey – che ha come obiettivo la promozione di un vasto territorio che va, più o meno, da Ladispoli fino a Montalto di Castro – in collaborazione con l’Associazione Eco-Escursionistica Ogniquota, le cui guide non solo ci hanno accompagnato lungo il percorso, ma sono anche coloro che, come volontari del Gruppo Archeologico Romano, hanno contribuito a ripulire parte dei sentieri e a renderli percorribili.
Volontari che, con l’autorizzazione delle Sovrintendenza, si occupano anche ad effettuare degli scavi archeologici che hanno come oggetto le tombe di questa zona.
La via degli Inferi
Il primo tratto del trekking ha seguito dunque la via degli inferi per poi proseguire lungo il Sentiero delle Mura, che percorre i resti delle antiche mura etrusche, e raggiungere la Porta Coperta, una delle sei porte dell’antica città etrusca. Da qui l’aspetto archeologico del trekking lascia il posto a quello naturalistico

In questo tratto troviamo tombe messe su più livelli, perché il piano stradale era più alto, quindi le tombe più recenti sono quelle più in basso, mentre le antiche si trovano sul livello superiore. Osservando le pareti tufacee si notano i segni dei picconi, segno inconfondibile che non si tratta di una via naturale, ma scavata da mano umana.
Tombe sicuramente meno imponenti di quelle della zona recintata, ma comunque interessanti, tra queste quella delle colonne doriche, che prendono il nome dalla presenza di colonne, sicuramente aggiunte in un secondo momento rispetto alla tomba. Lungo il percorso anche un bivio con due strade, una che portava verso l’interno e un’altra verso Pyrgi che distava qualche chilometro. Questo non è un caso, perché le città etrusche erano sempre – per motivi difensivi – un po’ lontano da mare.
Itinerario naturalistico

Proseguendo il cammino ad un certo punto ci si lascia alle spalle il paesaggio archeologico e ci si trova davanti ad una visuale da wow, un enorme prato punteggiato di giallo e viola che sembra andare a lambire le montagne sullo sfondo. Non importa quante foto riuscirete a scattare qui, rendere la bellezza di questa visuale – amplificata dall’effetto sorpresa – è davvero cosa ardua. Da questo punto in poi la natura la fa da padrona, resa ancora più rigogliosa dalla presenza di diversi corsi d’acqua, come il Fiume Vaccina.
I fiori, un’esplosione di colori

A farvi da sentinella lungo il sentieri tanti, davvero tanti fiori di ogni colore. Delle margherite gialle selvatiche a quelle bianche il cui profumo rivela anche a meno esperti che si tratta di camomilla e ancora l’erba viperina, fiori viola che devono il loro nome al fatto che ricordano (con molta fantasia) la bocca spalancata di una vipera e poi la borraggine, le ginestre, il cisto, garofani selvatici, mughetti, l’immancabile malva, la silene alba, potrei continuare ma l’elenco darebbe davvero troppo lungo.

Pensate che un tempo questa zona era stata soprannominata l’Amazzonia del Lazio, un nome che la dice lunga su quanto possa essere rigogliosa la vegetazione, anche se in realtà pare che l’origine del nome sia legato all’avvistamento di due serpenti giganteschi, tipo anaconde. Verità o solo racconti di cacciatori? Poco importa, l’avvistamento sarebbe avvenuto negli anni ‘30 del secolo scorso e non si sarebbe più ripetuto, quindi potete stare tranquilli.

Fiumi e cascate
I corsi d’acqua fanno parte del percorso e, in alcuni casi, è necessario guadarli per passare sull’altra sponda. Si tratta di un sentiero segnato, quindi non pensiate che i siano un’impresa da avventurieri, con un po’ di equilibrio, i vari corsi d’acqua si attraversano senza il rischio di bagnarsi, però – visto che non si sa mai – io un paio di calzini di ricambio nello zaino per prudenza li avevo messi.

Il Vaccina è un piccolo corso d’acqua che nasce sui monti Sabatini, non lontano dal lago di Bracciano e dopo un percorso su un letto di tufo e basalto raggiunge il mar Tirreno all’altezza di Ladispoli. Il tufo è molto friabile e facilmente soggetto all’erosione, il basalto no ecco allora che il fiume scorrendo finisce con il dare vita a diversi salti, più o meno significativi.

Le cascate principali sono cinque, ma in questa zona di Cerveteri ce ne sono molte di più, anche se più piccole. Per questo motivo l’itinerario che abbiamo percorso è chiamato anche delle cascatelle di Cerveteri perché lungo il percorso se ne incontrano diverse, qualcuna decisamente più importante, ma tutte molto scenografiche. La prima che si incontra è la Cascata del Vaccinello, poi la Cascata dell’arenile, quella detta Braccio di Mare, la Cascata dell’Ospedaletto, alta circa 15 metri e infine la Cascata del Moro o di Castel Giuliano, la più alta, circa 30 metri, che, rispetto alle altre cascate, non si si trova nel territorio del comune Cerveteri, ma di Bracciano.

Altri punti di interesse che si incontrano lungo il percorso
- I resti della Ferriera Pontificia dove, nel ‘600 si lavorava il ferro estratto all’Isola d’Elba che veniva poi trasportato in nave al porto di Ladispoli e successivamente, a dorso di mulo, portato alle Ferriere.

- Il Ponte degli austriaci ponte ottocentesco sul torrente della Caldara

- Sulla via del ritorno si attraversa passa in un altro settore della necropoli, detta la Necropoli del Laghetto, della quale dal 2016 si prendono cura i volontari del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite che si occupano della valorizzazione del sito e che, nel periodo estivo, illustrano ai visitatori le caratteristiche storiche e archeologiche del sito.

Alcune raccomandazioni
Prima vi ho consigliato di portare con voi dei calzini di ricambio, il secondo consiglio è di tutt’altro genere: un bel costume da bagno per tuffarvi nelle acque antistanti la Cascata Braccio di Mare. Tuffo non tuffo, le cascate sono sempre un buon punto per fermarsi, riposarsi e rilassarsi. Ci si dimentica di essere così vicino a Roma, ci sono punti nei quali si perde la dimensione della realtà e quasi ci si sente proiettati in un paesaggio fiabesco.

Costume da bagno sì, ma rimane sottinteso che si tratta di un trekking e che bisogna assolutamente indossare delle calzature adeguate, meglio di tutto sono degli scarponcini impermeabili, vista anche la presenza dei corsi d’acqua da attraversare.
Comodi anche dei bastoncini da trekking che vi risulteranno particolarmente utili sia nei tratti più scoscesi sia durante i guadi.

Lungo l’intero percorso non troverete punti in cui approvvigionarvi di acqua, quindi è necessario portare con sé quella necessaria, questo significa in primavera-estate almeno un litro e mezzo. Resta sottinteso che nello zaino va trovato posto per un pranzo al sacco.

Il sentiero è segnato (in parte) da bandiere bianche e rosse e da indicazioni che segnalano le eventuali brevi deviazioni per raggiungere le cascate. Sappiate infine che in molti tratti del percorso non c’è copertura di rete, il trekking delle Cascate di Cerveteri è questo e molto di più.
A proposito di molto di più vi suggerisco di dare un’occhiata al sito di Etruskey per vedere quali sono gli eventi in programma ed avere anche voi l’occasione per scoprire tante chicche di questo territorio
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