Vi ho già detto che tra le migliori cose da fare ad Asciano c’è quella di visitare l’Abbazia, o meglio il complesso monastico, di Monte Oliveto Maggiore.

Questa possiamo dire che è anche, in generale, una delle cose da non perdere in un viaggio alla scoperta delle bellezze della provincia di Siena. A Monte Oliveto Maggiore io ero stata già anni fa, ma solo in occasione dell’ultima visita ho scoperto che si trova nel territorio comunale di Asciano. Questo perché il comune è molto vasto e a volte si possono perdere di vista i suoi confini.
Perché visitare l’Abbazia Monte Oliveto Maggiore
Sono tanti motivi per scegliere di fare una visita all’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, che ancora oggi è l’abbazia più importante – la casa madre – dei monaci benedettini olivetani. Si visita per lo straordinario ciclo di affreschi del chiostro, per la biblioteca, per i canti gregoriani che, con un po’ di fortuna, echeggiano all’interno della chiesa, per la cantina con i vini prodotti dai monaci e non ultimo per l’ambiente suggestivo nel quale è collocata, quello delle crete senesi.
Un rapido, rapidissimo, riassunto per dirvi subito che una visita a Monte Oliveto Maggiore di sicuro non vi deluderà

L’impatto è subito di grande effetto già solo affacciandosi dalla strada principale per ammirare il complesso monastico dall’alto. L’abbazia e i suoi edifici appaiono come una pennellata color rosso mattone tra il bianco dei calanchi e il verde del bosco circostante. Bosco che, una volta arrivati, si attraversa seguendo un sentiero di circa 500 metri che passa tra i cipressi e porta fino all’edificio che ospita la Foresteria.
Un po’ di storia
La storia dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore inizio nel 1313 quando il nobile senese Bernardo Tolomei decise, per una serie di circostanze, di dedicare la sua vita all’eremitaggio. Fu così che ritirò qui, in questa località che era di sua proprietà, insieme con Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini, anche loro nobili senesi. Però non rimasero soli a lungo, come si addice a degli eremiti. A loro si unirono, man mano, altri seguaci. Nell’arco di sei anni erano diventati una ventina. Un gruppo troppo numeroso per quei tempi, il rischio di essere tacciati come eretici era dietro l’angolo.

Decisero così di dare vita ad una congregazione. Era il 1319 quando si recarono ad Arezzo per ottenere il riconoscimento da parte dell’arcivescovo. Un riconoscimento che non ottennero perché lui non se la senti di darlo, senza l’autorizzazione del Papa. Fu così che due di loro si recarono da Pontefice, che quel tempo non era a Roma, ma ad Avignone. Un viaggio lungo, fatto tutto a piedi, che durò, andata e ritorno, circa due mesi. Ad Avignone un parente del Tolomei riuscì ad intercedere per loro, facilitando l’udienza con il Papa, il quale dopo averli ascoltati li acconsentì a dare il suo nulla osta.

Avrebbero voluto dar vita ad una nuova regola, ma non era, storicamente, il momento adatto. La Santa Sede infatti si mostrò restia a veder nascere una nuova regola, molto meglio se avessero seguito una già esistente. La scelta fu quella di sposare la regola di San Benedetto, gli olivetani divenendo così una famiglia benedettina. Gli Olivetani però si differenziano per il colore dell’abito indossato dai monaci, loro scelsero il bianco, come simbolo di purezza e di devozione alla Madonna.
Inizia così la vita di questa nuova congregazione, quella di Santa Maria di Monte Oliveto. Tornati qui costruiscono un primo piccolo monastero, che si trovava dove oggi c’è il cimitero dei monaci.
La congregazione ebbe una rapida espansione e alla fine del ‘500 aveva sotto di sé 82 monasteri, che poi con il tempo si sono ridotti. Attualmente sono più di 30, sia maschili e sia femminili, in Italia e all’estero. Tutti fanno capo a Monte Oliveto Maggiore. Tutto è nato qui e tutto fa capo qui. L’abate di Monte Oliveto non ha nessun superiore al di sopra di sé, se non il Papa.
Alla fine del 1300 essendo venuti in possesso di varie eredità e donazioni iniziano la costruzione di questo grande complesso, che fu realizzato in circa un secolo.
Visitare l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore: cosa vedere
Appena arrivati, subito dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio, si incontra il primo edificio del complesso si tratta un palazzo medievale (1393-1526 ) in mattoni rossi, con tanto di torre e ponte levatoio. La torre, fino al 1870, era la sede dell’antica farmacia e dell’infermeria, oggi ospita un bar – ristorante dove pare si mangia molto bene. Riporto quello che mi hanno riferito. Purtroppo non ho avuto modo di sperimentarlo personalmente.

Entrando, sull’arcone di ingresso, non dimenticate di dare un’occhiata in alto, dove si trova una bella terracotta smaltata, attribuita ai Della Robbia, che raffigura la Madonna con il Bambino, circondata da due angeli. Una seconda terracotta robbiana si trova sul lato interno e rappresenta San Benedetto, la cui regola, come abbiamo visto, seguono gli olivetani

Da qui inizia un sentiero in discesa che porta fino alla foresteria e che costeggia una grande cisterna di acqua, un tempo utilizzata come peschiera, e alcune piccole cappelle, nascoste nel bosco, dedicate a San Bernardo, San Benedetto, Santa Scolastica, Santa Francesca Romana, alla Madonna dell’Onigo e alla Santa Croce.
La Foresteria

Questo, come si intuisce dal nome, è il luogo dove i monaci ospitano i visitatori. A Monte Oliveto Maggiore, infatti, è anche possibile trascorre dei periodi di riposo e meditazione.
La chiesa
Non servirebbe dirlo, ma la chiesa è il principale edificio del complesso monastico, con una pianta a croce latina e una facciata in stile romanico-gotico.

All’interno però tutto cambia. Qui domina il barocco, frutto dei rimaneggiamenti del1752. È in stile tardo barocco, quindi un barocco non troppo carico, però il contrasto tra esterno e interno è molto evidente.

Tra gli elementi di pregio della chiesa c’è uno splendido coro, frutto del certosino lavoro di intarsio di un monaco, Fra Giovanni da Verona, che era anche un artista poliedrico. Il coro è costituto da una trentina di pannelli intarsiati raffiguranti scene naturalistiche, paesaggi, figure geometriche, nature morte e altri soggetti. Pannelli che in origine erano almeno 140, andati perduti nel tempo per via di diverse vicissitudini, comprese le razzie di epoca napoleonica.

Bellissimo il colpo d’occhio dei colori, ottenuti non con la pittura, ma grazie all’uso di diversi tipi di legno. Quando questo non era disponibile Fra Giovanni lo otteneva in modo diverso, ovvero immergendo e facendo interagire il legno con materiali diversi.
I pannelli realizzati tra il 1503 e il 1505 rappresentano, nel loro genere, uno dei più maggiori esempi di tecnica dell’intarsio del Vecchio Continente.
Le vetrate invece sono moderne e sostituiscono quelle originali a nido d’ape, che con il tempo erano andate quasi completamente perdute
All’interno della Chiesa ci sono due cappelline laterali, restaurate di recente, dedicate ai due fondatori: San Bernando Tolomei e Santa Francesca Romana, fondatrice della sezione femminile. Una curiosità: attualmente le suore olivetane sono in numero maggiore rispetto ai monaci.
La sagrestia
Molto bella anche la sagrestia, che può essere vista solo dall’esterno. I mobili appoggiati alle pareti sono del 1417. Nella parte centrale c’è un grande leggio con base intarsiata, opera di Fra Raffaele da Brescia, allievo di Fra Giovanni da Verona.

Il leggio fino ad una quindicina di anni fa si trovava al centro del coro, poi, dopo il restauro, fu posizionato qui.
Si tratta di un leggio molto singolare per via della presenza di un gatto tigrato, raffigurato alla base. Gatto che suscita la curiosità di tutti i visitatori, anche perché nel periodo in cui fu realizzato il leggio il gatto, non dimentichiamolo, era una figura legata alle streghe e al demonio.

In questo caso però il gatto simboleggia qualcosa di molto diverso. Il gatto qui sta a rappresentare la vigilanza: il monaco guardando il gatto deve ricordare di essere cauto verso il peccato.
Il Chiostro maggiore
Il complesso di Monte Oliveto Maggiore conta ben tre chiostri, il più importante, quello davvero imperdibile, è il chiostro grande a pianta rettangolare, realizzato tra il 1426 e il 1443 e interamente affrescato da due grandi artisti dell’epoca: Luca Signorelli e Antonio Bazzi detto Il Sodoma.

Complessivamente sono 37 affreschi, nove di quali del Signorelli, che li realizzò tra il 1497 e il 1498. Ad un certo punto, dopo aver ottenuto un importante incarico al Duomo di Orvieto, lasciò Monte Oliveto con la promessa di tornare, ma non lo fece. Fu così che, dopo averlo aspettato inutilmente, i monaci affidarono il completamento dei lavori al Sodoma che qui lavorò, a più riprese, tra il 1505 e il 1508.
Gli affreschi – che hanno come soggetto le storie di San Benedetto – rappresenta un capolavoro della pittura rinascimentale italiana. Questo senza ombra di dubbio è uno dei chiostri più belli in assoluto. Non è facile, infatti, trovare dei chiostri interamente affrescati, con affreschi così grandi e dalle firme importanti.

Per cogliere pienamente il significato di queste pitture, ma anche scoprire un po’ di gossip rinascimentale, vi consiglio vivamente una visita guidata. Grazie alla guida scoprirete molti dietro le quinte, compreso il carattere litigioso e scherzoso del Sodoma, che non perdeva occasione per fare dei dispetti all’abate, le cui tracce troviamo ancora oggi negli affreschi.

La guida vi spiegherà non solo il significato delle pitture, ma vi aiuterà anche a individuare i ritratti di Leonardo, Botticelli, Michelangelo, Signorelli, Raffaello e Lorenzo il Magnifico, raffigurati in uno degli affreschi
Il refettorio
Visitare l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore è un po’ anche entrare nella vita dei monaci.

È quello che si prova quando ci si affaccia nel refettorio, dove le tavole apparecchiate ci ricordano che è qui che, ancora oggi, i monaci consumano in silenzio i loro pasti. Un silenzio rotto da una sola e unica voce: quella del monaco incaricato di leggere loro i testi sacri.
Il refettorio, costruito tra il 1387 e il 1390, si trova in un ambiente ampio e luminoso con pareti sono affrescate da Fra Paolo Novelli (1670). C’era un altro affresco, raffigurante l’Ultima Cena, che purtroppo è andato in gran parte perduto ed è stato sostituito da una tela (recente) raffigurante lo stesso soggetto.
La biblioteca
L’itinerario di visita prosegue con la biblioteca progettata da Fra Giovanni da Verona, lo stesso frate, di cui vi ho parlato prima che ha realizzato i pannelli intarsiati del coro. Fra Giovanni era anche architetto e per questa biblioteca si ispirò a quella fiorentina di Michelozzo Michelozzi nel convento di San Marco.

Quando Fra Giovanni iiniziò a pensare alla biblioteca di Monte Oliveto Maggiore si trovò subito di fronte ad un problema serio: non aveva abbastanza spazio per realizzarla, così scelse di svilupparla in altezza. Il posto più idoneo era sopra al refettorio, ma l’abate dell’epoca non voleva che, per sorreggere il piano superiore, fossero messe delle colonne all’interno del refettorio. Fra Giovanni allora ideò il suo progetto creando un lungo ambiente diviso in tre navate, con due file di colonne leggermente inclinate. Uno stratagemma che consentiva di scaricare il peso sul muro portante anziché sul pavimento. Un progetto ardito, destinato a durare nel tempo, o almeno così doveva essere. Peccato che per colpa di una ristrutturazione sbagliata le cose andarono diversamente. Nel 1957 fu deciso di sostituire le travi di legno con del cemento armato. Questo lavoro però ruppe il delicato equilibrio sul quale si reggeva la biblioteca e nel 1993, una parte del soffitto crollò. A quel punto fu necessario ritornare al vecchio progetto, quindi eliminare il cemento armato e ripristinare le travi in legno.

La biblioteca attualmente contiene circa 2 mila libri, nulla rispetto a quanti ne erano conservati prima dell’epoca napoleonica quando erano almeno 40.000. Questi si sono salvati perché furono portati in altri monasteri, molti altri invece sono finiti a Parigi.

Tra gli armadi che si trovano all’interno della biblioteca ce n’è uno degno di nota. È quello in legno intarsiato, opera sempre di Fra Giovanni, che testimonia come questo grande complesso sia stato realizzato in 100 anni. L’armadio reca la data del 1502 e raffigura in tarsia Monte Oliveto già completato. Quindi, visto che dalle cronache olivetane sappiamo che la prima pietra fu posta attorno al 1400, è facile stabilire che sono stati necessari circa 100 anni per costruire l’intero complesso. Forse oggi possono sembrare tanti, ma per l’epoca non sono stati poi così tanti.
Da notare ancora due cose. La prima è l’effetto della prospettiva: per il Vasari Fra Giovanni è stato il primo a saper dare il senso della prospettiva con la tarsia. Seconda cosa è l’immagine della civetta su una delle ante, civetta simbolo della sapienza, d’altra parte l’armadio doveva contenere dei libri, ma la civetta è anche il nome della contrada di Siena dalla quale proveniva il fondatore della congregazione.
La farmacia

Una scala all’interno della biblioteca porta ad uno spazio superiore dove è possibile ammirare quello che resta dell’antica farmacia. Quando nel 1870 fu dismessa, fu qui che portarono molti degli oggetti che si trovavano sulla torre: dal bancone della farmacia agli alambicchi fino ai vasi in ceramica da farmacia.
La cantina
Non è possibile lasciare l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore senza prima fare una visita anche all’antica cantina.

La regola dei monaci qui è quella Benedettina Ora et labora. Il lavoro è quello che si svolge nell’azienda agricola da 900 ettari, di cui 6 ettari a vigneto, 50 ettari di oliveto, 380 ettari di seminativo (soprattutto farro e ceci) e il restante a bosco, con riserve di caccia, tartufaie e legno.

Per quanto riguarda i vini qui se ne producono, tra bianchi e rossi, 8 tipi diversi, da vitigni come il Vermentino, Cabernet Sauvignon, Sangiovese e Merlot. Il tutto per una produzione annua che si aggira tra le 40-45 mila bottiglie. Vini che vengono esportati anche all’estero, in particolare in Asia, Francia e Germania

Il vino di punta è l’IGT “1319″, che nel nome porta la data di nascita della congregazione e che è stato creato proprio le celebrazione del settimo centenario.
La cantina è anche un punto vendita dei prodotti del monastero: Vini DOC e IGT, grappa, olio extravergine di oliva, legumi, farro, e miele

Visitare l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore: dove si trova
Per visitare l’ abbazia di Monte Oliveto Maggiore la prima cosa da sapere è dove si trova esattamente: si trova nel comune di Asciano e dista dal Paese poco meno di 10 km, mentre dal capoluogo Siena la distanza è di circa 37 km.
Visitare l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore: orari di apertura

L’ingresso all’abbazia è libero e gratuito con il seguente orario: 9,15- 12.00 e 15,15-17, quando è in vigore l’ora legale l’orario pomeridiano diventa 15-19.
Non dimenticate mai di essere all’interno di un complesso monastico, il che richiede un atteggiamento di silenzio e rispetto per i monaci che qui vivono la loro vita quotidiana. All’interno dell’Abbazia è consentito fare fotografie ma per salvaguardare l’integrità degli affreschi e dei dipinti non è permesso l’uso del flash.
Vi segnalo infine il sito della Pro Loco di Asciano dove potete trovare informazioni utili per organizzare il vostro viaggio.